Cos’è la shrinkflation e cosa c’entra la guerra in Ucraina? Ma soprattutto come accorgersene? Il nuovo trucchetto del marketing che penalizza il consumatore.
Stesso prezzo, meno prodotto, ecco cos’è la shrinkflation. Il diabolico trucco delle aziende, non nuovo oltretutto, suggerito dal marketing, che nasconde l’inflazione agli ignari consumatori. Il termine infatti è la semplice contrazione del verbo shrink, che vuol dire “restringere” e inflation che significa “inflazione”. Il consumatore disattento non percepisce che sta pagando lo stesso prezzo per la stessa confezione, ma con al suo interno, un contenuto inferiore. Oppure non si accorge che la confezione è più piccola. Il fenomeno non è recente ed ha origini anglosassoni, ma si è largamente diffuso a livello globale. In questo momento storico torna a far parlare di sé. Il conflitto in Ucraina, con il conseguente aumento, oltre che delle materie prime, anche dei costi dell’energia, ha spinto i produttori a far quadrare i bilanci attraverso questa pratica scorretta. Considerando che sono aumentati i costi di produzione e che, nel nostro Paese, incide il prezzo del trasporto delle merci, che per il 70% viaggia su ruote.
Com’è nata la shrinkflation?
Con la Brexit,nel Regno Unito si è ovviamente registrato un aumento dei costi. Unilever chiese alla catena di supermercati Tesco di aumentare i prezzi per far fronteal deprezzamento della sterlina. Tuttavia, in seguito all’abbassamento dei consumi, si tentò la strada della diminuzione di prodotto venduto lasciando però il prezzo inalterato. La prima categoria utilizzata per diminuire il contenuto, lasciando la dimensione del contenitore inalterata è stata quella dei detersivi liquidi, anche perché è più difficile vedere il livello del liquido nel contenitore. Da allora è stato tutto un susseguirsi di aziende che proponevamo prodotti uguali per la confezione, ma con quantità ridotta di contenuto all’interno.
L’obiettivo da perseguire per le aziende, era diventato, quindi, aumentare i margini di profitto andando a ridurre le spese. Il risparmio da considerare è notevole rispetto alla quantità minima di prodotto decurtata dalla confezioni. E da qui si sono registrati negli anno sempre più casi: Secondo l’Ufficio statistico nazionale inglese negli ultimi cinque anni nel Regno Unito sono stati ridotti per dimensione o peso ma venduti allo stesso prezzo oltre 2.500 prodotti, in particolare prodotti alimentari ma anche prodotti per l’igiene e la casa.
Esempi di shrinkflation
Non tutti i brand ammettono le loro colpe. C’è chi maschera la riduzione di peso per la diminuzione di ingredienti poco salutari presenti nel prodotto. È quanto ha fatto Kellogg’s per i Coco Pops, sostenendo che la diminuzione di zucchero nella ricetta aveva creato la differenza di peso, e che il numero dei Coco Pops era addirittura aumentato. Più onesta l’azienda Doritos, del gruppo Pepsi, che ha ammesso di aver diminuito il numero delle patatine in busta per evitare di aumentare i prezzi. La popolare barra di cioccolato Toblerone ha fatto molto discutere l’opinione pubblica italiana quando nel 2010 ha diminuito il peso da 200 a 170 grammi, per poi pesare 150 grammi nel 2016. Stesso discorso per la Coca Cola, passata da 2 litri a 1,75 e la cioccolata Milka, ridotta di peso da 300 grammi a 270. Provate adesso a contare i fazzoletti Tempo. Se ci fate caso, ci sono 10 pacchetti da 9 fazzoletti ciascuno. Risultato? Un pacchetto in meno.
Una lista che potrebbe continuare anche per i prodotti per la cura della casa e della persona. Meno millilitri per saponi o detersivi, ma stesso prezzo. O ancora, tubetti di dentifricio che scendono da 100 ml a 75, rotoli di carta igienica che da 250 ‘strappi’ si riducono a 230.Addirittura meno té nelle bustine. Un caso storico fu quello della Mondelez che addirittura nel 2017 affrontò una causa per aver aumentato la distanza tra le punte del Toblerone: il risultato fu che fecero un passo indietro e la famosa barretta di cioccolato tornò al formato originario.
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L’inflazione occulta è legale?
Ebbene sì. Purtroppo, in qualche modo è un inganno che però è comunicato al consumatore. Anche se in maniera furba. Ci sono aziende che per renderla meno ingannevole ciò che vendono, spesso associano al cambiamento nel quantitativo anche un cambiamento di packaging, magari nascondendolo dietro l’intento di essere più sostenibili. Tuttavia, a ben guardare, un contenuto minore si esaurisce ovviamente prima e sarà necessario acquistare un’altra confezionenel giro di minor tempo rispetto al solito. Due confezioni di dimensioni ridotte sono più inquinanti di una sola confezione a grandezza standard. Anche Apple, inseguendo la virtù della sostenibilità ambientale, ha eliminato il caricabatteria dagli iPhone costringendo gli utenti a comprarlo separatamente. Insomma la sostenibilità come al solito la pagano i consumatori.
Possiamo difenderci dalla shrinkflation?
Non possiamo ricordare a memoria le dimensioni o il peso dei prodotti. La cosa più ovvia sarebbe informarsi sul prezzo al chilo dei prodotti, ma è plausibile che non tutti i consumatori li conoscano, e comunque non è facile davanti ad uno scaffale calcolare il prezzo per il peso. Considerando l’aumento dei marchi che stanno adottando questa tecnica è meglio confrontare, in base al peso, chi offre un prezzo minore. Alla fine si tratterà di scegliere la marca che inganna di meno, invece che il prodotto più conveniente… bella prospettiva.
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