Quando si parla di Blockchain con i produttori dell’agroalimentare spesso si riceve un’alzata di spalle, a voler sottolineare che la disponibilità di informazioni dettagliate circa il processo produttivo di DOP e IGP non è certo una novità per il settore…
La domanda che molti si fanno è se abbiamo bisogno della blockchain. Abbiamo un sistema di controlli nel settore agroalimentare riconosciuto tra i migliori al mondo. In Italia la sicurezza alimentare è garantita dalla legislazione in materia tra le più evolute e da un numero di ispezioni che nel 2018 ha superato i 54 mila controlli. L’assicurazione della qualità dei Regolamenti Comunitari in materia di prodotti a Denominazione di Origine Protetta (DOP), Indicazione Geografica Protetta (IGP), Specialità Tradizionale Garantita (STG), e, con riferimento ai vini, Vini di Qualità Prodotti in Regioni Determinate (DOC e DOCG) ha dei sistemi di certificazione e di controllo che esistono da anni e che funzionano bene nonostante qualche furbetto ogni tanto prova ad eluderli.
Ma allora, qual è il vero problema che l’industria agroalimentare sottovaluta? Il vero problema oggi è la fiducia.
I dati di una recente ricerca Nielsen condotta a livello globale e presentata all’evento Linkontro 2019, ha rivelato che il 23% dei consumatori ha perso fiducia, mentre negli ultimi 5 anni il 41% ha deciso di cambiare marca proprio perché non si fida più del prodotto che acquistava in precedenza.
Come riportato in un precedente articolo: 1 consumatore su 2 non si fida di quel che viene scritto in etichetta. I consumatori si bloccano quando sono diffidenti e questo influisce sui consumi e determinerà sempre di più le scelte di quei marchi che riusciranno a conquistare e mantenere la fiducia di quelli più esigenti anche grazie alla tracciabilità alimentare.
Ma il problema è un po’ più complesso, come ha spiegato Federico Desimoni, Direttore Generale del Consorzio Tutela Aceto Balsamico di Modena IGP, intervenuto al convegno “Blockchain Digital Innovation“, l’evento promosso da Blockchain Core e moderato dall’Avv. Laura Cappello, Presidente della società.
“In Italia abbiamo due fronti contrapposti: da un lato c’è un consumatore che non si fida e cerca prodotti trasparenti, per i quali è anche disposto a pagare di più, e dall’altro lato troviamo una categoria di consumatori che invece tende a svalutare le nostre eccellenze, cercando i prodotti che costano meno, ignari dei costi dei prodotti di qualità.”
Federico Desimoni è convinto che la blockchain dovrebbe aiutare le aziende a risolvere questi problemi. Infatti il problema della fiducia è strettamente legato alla mancanza di conoscenza, l’etichetta non è parlante e un consumatore non ha accesso a tutte le informazioni sulla tracciabilità della filiera agroalimentare. Le informazioni a disposizione non sono sufficienti, la gente non sa riconoscere i loghi dop e igp e anche quando li conosce ignora le specifiche, i metodi di produzione, i processi di certificazione e di controllo. “Con la blockchain si può cambiare un paradigma, si può creare un rapporto completamente diverso tra i produttori e i consumatori basato sull’informazione trasparente.”
Ma la blockchain può essere un’arma vincente anche per raccontare meglio i prodotti. Oggi il concetto di qualità alimentare in Italia è molto diffuso e anche abbastanza comune, ma spesso si confondono la gradevolezza e gli aspetti edonistici del cibo, come pure la relazione col rapporto qualità/costo.
Con la blockchain si può comunicare un concetto di qualità diverso, un valore legato all’identità di un prodotto, un’identità complessa che parte dal territorio, dai disciplinari di certificazioni, dal sapere che si tramanda da millenni, dalla materia prima, da come viene prodotta o trasformata. Un sistema innovativo in grado di far conoscere tutti gli aspetti tangibili e intangibili delle eccellenze agroalimentari italiane. Quando questa entità complessa verrà svelata in modo semplice consentirà al consumatore di capire e riconoscere il vero valore e questo indurrà una maggiore riflessione circa l’acquisto di quei prodotti a basso costo che non possono raccontare altrettanto.
Oggi c’è molta competizione tra i vari attori della filiera alimentare e le aziende competono con quel target di consumatori che cercano il prezzo più basso. Bisogna trasformare questa competizione in una logica di collaborazione. Il consumatore inserito nella “catena a blocchi” come agente di verifica della rintracciabilità.
Desimoni è fiducioso che seguendo questa strada virtuosa “Il consumatore diventa il garante dell’autenticità, l’ultimo anello della catena, quello che chiude il cerchio e apre quello contro le frodi, che fa le scelte dei prodotti trasparenti di cui può sapere tutto.”
Di recente anche il Consorzio Grana Padano Dop ha comunicato che sta sperimentando la blockchain sulla filiera, con la seguente motivazione «Abbiamo deciso di sperimentate la blockchain per la filiera del Grana Padano perché vogliamo garantire ai consumatori, con lo strumento più evoluto, la massima qualità che i “copioni” di ogni genere non possono offrire e condividere queste tutele con tutti i soggetti della filiera in ogni passaggio.”
La fiducia si sperimenta giorno per giorno, è ragionata, associa le emozioni che possono determinare le scelte dei consumatori. Noi siamo convinti che la blockchain può essere lo strumento che restituisce un’identità e un maggior valore al cibo italiano attraverso una conoscenza che genera il coinvolgimento dei consumatori.
Fiducia e trasparenza sono oggi alla base dell’economia globale e della sharing economy, e in questo senso la tecnologia ha un valore mai avuto prima.
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