Se è vero che il record dell’export agroalimentare italiano 2021 si attesta a 52 miliardi di euro, fa riflettere che dalla legge di bilancio siano esclusi sostegni alle Dop e alle Igp che da sole ne valgono circa 10 miliardi
Anche nel secondo anno di crisi pandemica l’export agroalimentare si dimostra ancora il settore più resiliente. Infatti già sui dati di ottobre si registra un record storico per le esportazioni del Made in Italy. Tutto ciò, nonostante le difficoltà negli scambi con l’estero e vari lockdown distribuiti a livello mondiale dettati dalla pandemia. La stessa che però è artefice dei cambiamenti delle abitudini alimentari che confermano la Dieta Mediterranea lo stile di vita più sano. Tuttavia, questo eccezionale fenomeno sembra sfuggire all’attenzione del Governo. Infatti, la Legge di Bilancio approvata per il 2022, se da una parte stanzia 2 miliardi di euro per l’agricoltura, da un’altra poco considera il cibo di alta qualità protetto da indicazioni geografiche (Denominazione di Origine Protetta, Indicazione di Origine Protetta e Specialità Tradizionale Garantita).
Secondo Cesare Baldrighi, Presidente di Origin Italia (che rappresenta tutti i consorzi) manca un progetto per sostenere Dop e Igp, che da soli, generano un export pari a 10 miliardi di euro. In un momento in cui i prodotti tutelati sono di fronte a sfide come quelle della minaccia del Nutriscore e da sempre subiscono la concorrenza sleale dell’Italian Sounding.
Eppure continuiamo a crescere, infatti una stima di Coldiretti si sofferma su un aumento a doppia cifra delle esportazioni dei prodotti italiani tipici delle feste, dallo spumante (+29%) ai panettoni (+25%), ma anche sul boom di richieste per il caviale Made in Italy, che segna una crescita sui mercati internazionali con un +146%, sulle paste farcite come i tortellini (+4%), ed i formaggi (+12%) i prosciutti, cotechini e altri salumi assortiti (+12%).
2022, la speranza della ripartenza… ma senza un progetto per la ripartenza
Il sistema delle Dop e Igp conta 200mila operatori con un fatturato di 17 miliardi di euro, ma secondo Baldrighi: “serve un progetto di politica nazionale per sostenere il “progetto ripartenza” del cibo italiano di qualità”. Una strategia che manca nella legge di bilancio, tanto che “le indicazioni che emergono dalle recenti scelte politiche in materia agricola non sembrano andare in questa direzione e aprono grandi preoccupazioni per il futuro della qualità italiana”.
La bozza del Piano strategico nazionale ha la stessa mancanza, prevede sono un intervento per la promozione dei prodotti tutelati. Il periodo storico non è dei migliori per le nostre eccellenze, dato il proliferarsi delle contraffazioni alimentari causate dalla pandemia.
La critica di Baldrighi
“Troppe e gravi distorsioni nella allocazione delle risorse dei vari Piani”. Origin Italia è un’associazione che riunisce il 95% delle produzioni italiane a Indicazione geografica. Oltre 800 fra Dop, Doc e Igp, 200 mila imprese coinvolte, un quinto del Pil, 10 miliardi di export agroalimentare all’anno, sono questi i numeri di una importante fetta dell’economia italiana a cui il Governo non ha ben pensato: “Solo 4 milioni di euro, che sono stati stanziati dal PSN per la promozione – precisa Baldrighi – e pensare che all’apicoltura sono andati 60 milioni, alla pasticceria 30 milioni e ai distretti del cibo ben 120. Se non è una stortura questa”.
Insomma fondi dati ai nuovi distretti del cibo che, essendo nati da poco non possiedono strutture adatte per gestirli in maniera organizzata ed efficiente, mentre dal canto loro “i Consorzi di tutela sono organismi che esistono da anni e si sono sempre saputi gestire in modo autonomo. Ci volevano norme specifiche per loro: poi si sarebbe fatto un bando, e si sarebbe stabilita l’assegnazione dei fondi ai progetti migliori. Oppure, si potevano prevedere misure specifiche a favore di singoli consorzi, con l’obiettivo di sviluppare la commercializzazione dei prodotti oppure l’aumento della capacità di trasformazione delle materie prime”.
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Unire le forze, si può
Stefano Patuanelli, Ministro alle Politiche agricole, non tarda a rispondere: “Abbiamo insistito in particolar modo sulla gestione del rischio e sulla garanzia del reddito ai produttori perché crediamo che le politiche di sostegno all’agroalimentare debbano spostarsi sempre più in questa direzione, insieme a una serie di importanti misure destinate alle filiere, che rappresentano un settore determinante per il nostro Paese, in termini produttivi ed economici, ma anche in termini di tutela e salvaguardia del territorio e del paesaggio, in un’ottica sempre più rivolta al processo di transizione ecologica, ambientale e sociale”. Annuncia che verrà stanziato un fondo per la valorizzazione dei prodotti Dop, Igp e Stg nonché delle eccellenze della ristorazione e della pasticceria italiana.
Dal canto suo Baldrighi chiama a raccolta tutte le forze: “Confidiamo, inoltre, che anche altri parlamentari di tutte le forze politiche condividano e sostengano questo bisogno per realizzare insieme anche al Governo un vero “progetto ripartenza”. Alle organizzazioni della filiera agroalimentare chiediamo di non sottovalutare queste criticità: dal sistema dell’etichettatura, il cosiddetto Nutriscore, al tema della tutela delle Ig (per esempio i casi Prosek e aceto balsamico sloveno). Tutti campanelli di allarme che ci devono vedere quanto mai uniti, pena la deflagrazione, in un effetto domino assai pericoloso, per tutto l’agroalimentare italiano”.
E sebbene nelle prime fasi di discussione della manovra si era parlato di una riserva a favore delle Indicazioni geografiche, il risultato finale però, è stato uno stanziamento di 50 milioni destinato ai “prodotti dell’agroalimentare italiano di qualità” in generale. Descrizione forse un po’ troppo ampia per dare per scontato che si tratti di fondi da distribuire per le Dop/Igp.
Ci piacerebbe ricordare ai legislatori che la “Dop economy” genera 16,9 miliardi di euro di valore alla produzione e 9,5 miliardi di euro di valore all’export. In termini percentuali il comparto DOP IGP apporta un contributo del 19% al fatturato complessivo del settore agroalimentare italiano e del 21% all’export nazionale, non proprio noccioline.
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