I mugnatielli, mugliatielli, un gomitolo…di nomi!

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I Mugnatielli, mugliatielli o gnummarieddhri, interiora di capretto o agnello lattante, piatto tipico della cucina della provincia di Avellino e della tradizione pasquale che passa tra le pazienti mani di chi li arrotolava.

Quando i contadini cedevano ai mezzadri ed ai signori le parti più prelibate degli agnelli e dei capretti, a loro non restava altro che trasformare in prelibatezza ciò che restava, le interiora. E solo con la loro sapienza hanno portato sulle loro tavole un cibo così gustoso che poteva solo far invidia agli scettici signori.

Il nome più accertato da tradizione storica è gnummareddi. Deriva dal latino “glomus” da cui poi il dialettale gnomerru, tradotto in “gomitoletto”. L’associazione etimologica richiama il gesto dell’arrotolare gli intestini di agnello, al cui interno vengono riposte le animelle, condite poi in base alla variante di ricetta territoriale.

Nomi diversi, per ricette diverse, per regioni diverse, i Mugnatielli sono conosciuti soprattutto nell’Italia Meridionale. Li chiamano turcinelli, mugliatielli, mazzarelle, abbuoti, abbticchie, mboti, marretti, mugnatieddi, mazzacorde o mbujacati e gnummarieddi. In Campania sono stati riconosciuti come piatto tipico della tradizione agroalimentare. Ma conosciamoli meglio!

Le origini dei Mugnatielli

Probabilmente l’origine è da ricercare nell’Antica Grecia e nella Mesopotamia. Sembra, infatti, che in concomitanza con la Pasqua ortodossa, si preparassero involtini di interiora per non sprecare niente dell’animale. Questo piatto prende il nome di kokoretsi, ed è possibile assaggiarlo durante i giorni di festa. In Italia Meridionale poi, si è diffusa la preparazione quando le carni degli animali venivano richieste dai ricchi possidenti ed ai contadini non restava che ingegnarsi per poter sfruttare al meglio polmoni, rognone, fegato, intestino ed animelle, ovvero ciò che rimaneva loro.

Ciò che è fuori dubbio è che è un piatto strettamente legato alla pastorizia, anche se non è certo se sia nato in un luogo preciso e poi si sia diffuso a macchia d’olio, oppure se è comparso contemporaneamente in versione simile in tutte le case di paesi anche distanti tra loro.

Un piatto che unisce l’Italia

Le preparazioni dei Mugnatielli non differiscono molto tra loro, sono sempre costituiti da fegato, polmoni, rognoni di capretto o agnello, che sono poi avvolti dall’intestino dell’animale, conditi con prezzemolo, pepe nero, o peperoncino, aglio e talvolta formaggio e, in genere, sono arrostiti. Si possono comunque cucinare in vario modo. In Alta Irpinia infatti i Mugnatielli prevedono l’aggiunta della trippa di agnello, che invece è esclusa dalla preparazione nelle zone circostanti Avellino. Sono cucinati con il sugo con cui è condita pasta fatta a mano.

La preparazione prevede numerosi lavaggi delle interiora in acqua e limone. Queste ultime sono poi lasciate ad asciugare per ore. Non stupisce dunque, che non rappresentino un piatto cucinato frequentemente, data la pazienza richiesta. Tuttavia se si ha la fortuna di trovare osterie o trattorie che li servano è bene non lasciarsi sfuggire l’occasione di assaggiarli.


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Si parla di Mugnatielli…

Non sfuggono alle citazioni d’autore. I Mugnatielli sono citati da Carlo Levi nel suo romanzo “Cristo si è fermato ad Eboli” con il nome di gnemurielli e dal poeta napoletano Raffaele Chiurazzi, chiamati gliummarielli, che nella poesia dal titolo “O’ scartellat”, paragona la gobba di un uomo agli involtini.

Compaiono anche nel film “Basilicata coast to coast”, film del 2010 condotto da Rocco Papaleo, chiamati gnummareddi.

I Mugnatielli rappresentano la nostra terra e la tradizione dei contadini che di questa terra respirano. La storia della transumanza, dei campi. Storia perpetuata in millenni nelle case di chi ha custodito le antiche usanze fino ai giorni nostri.

 

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