Quali sono i veri rischi dell’acquisto del Parmigiano Reggiano del gruppo caseario Nuova Castelli da parte della multinazionale francese Lactalis?
Alla fine è arrivata la notizia ufficiale che tutti temevano da giorni: la multinazionale francese Lactalis, gia proprietaria di Parmalat, Galbani, Cademartori, Invernizzi e Locatelli, ha annunciato di aver raggiunto l’accordo per l’acquisizione dell’intero capitale sociale della Nuova Castelli SpA, importante produttore e principale esportatore di Parmigiano Reggiano nel mondo.
Sborsando una cifra di 270 milioni di euro, Lactalis ha battuto i concorrenti Granarolo e altri gruppi di private equity che avevano manifestato l’interesse all’acquisto. La multinazionale francese si porta a casa un gioiello del Made in Italy che ha 3 brand molto conosciuti: Castelli, Mandara (Mozzarella di Bufala campana) e Alival, ben 13 siti di produzione in Italia e 3 all’estero, un fatturato di 460 milioni di euro, dei quali circa il 70% grazie all’esportazione, e un migliaio di dipendenti.
La storica società di Reggio Emilia, fondata nel 1882, è attiva nei segmenti del Grana Padano, Mozzarella di Bufala Campana, Taleggio, Gorgonzola, Pecorino Toscano, ma soprattutto Parmigiano Reggiano, di cui sforna circa 105.000 forme all’anno, il 2% delle quasi 3 milioni e 700 mila forme di formaggio prodotte nel 2018. Ricordiamo che l’80% delle quote della Nuova Castelli era già in mano straniera, di proprietà del fondo inglese Chartherhouse Capital Partner. Sarà che a noi italiani, in eterna competizione con i francesi in campo alimentare, il cambio di proprietà ci infastidisce non poco.
Su posizione alterne, i vari attori del settore agroalimentare italiano intravedono in questa acquisizione più ombre che luci. Analizziamo il contesto e valutiamo rischi e opportunità.
Quali sono i rischi ?
Partiamo col dire che non c’è alcun rischio di delocalizzazione dei prodotti DOP o IGP come invece sostiene Coldiretti.
Come confermato dal presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti, “non esiste il rischio di delocalizzazione poiché il mercato è in mano agli allevatori italiani che hanno i titoli per produrre latte con le regole stabilite dal disciplinare, garanzia di alta qualità e forte legame con il territorio. Un’eventuale delocalizzazione, tra l’altro, farebbe perdere automaticamente il requisito del marchio e il formaggio prodotto non potrebbe più chiamarsi Parmigiano Reggiano”.
Invece, un pericolo concreto si intravede nel fatto che Lactalis con questa acquisizione disporrà di un terzo del settore produttivo lattiero caseario italiano con un rischio di posizione dominante, circostanza che potrebbe condizionare il costo della materia prima o stravolgere le regole di produzione favorendo, ad esempio, l’utilizzo del latte pastorizzato al posto di quello crudo come nella tradizione.
Volendo pensar male, c’è un rischio potenzialmente più grave. Nell’ipotesi che Lactalis non riesca a contare su una produzione italiana soddisfacente per la domanda mondiale di formaggio autentico, con le logiche che contraddistinguono le multinazionali, possa avere la malsana idea di utilizzare i siti esteri per produrre alternative, ancor peggio pure Italian Sounding, potendo contare sull’approvvigionamento della materia prima da fonti estere.
Quali sono invece le opportunità di un’alleanza con i francesi ?
Lactalis, nel comunicato stampa ha spiegato che l’acquisizione “rafforza la sua leadership nella distribuzione dei formaggi italiani DOP sui mercati internazionali, dove è già protagonista con una presenza commerciale e distributiva in oltre 140 paesi”. Questo basterebbe da solo a colmare la storica deficienza italiana di piattaforme distributive estere, uno dei principali limiti del nostro sistema alimentare, e consentirebbe una maggiora crescita dell’export del Parmigiano Reggiano che, nonostante le buone performance del 2018, esporta solo il 40% della produzione.
Per Andrea Illy, presidente di Altagamma, l’alleanza Italia-Francia è una questione di sopravvivenza: “Se non vogliamo essere schiacciati dai colossi Usa e Cina dobbiamo metterci insieme”. Anche Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio Parmigiano Reggiano, che in un primo momento aveva espresso forti preoccupazioni, adesso sembra più tranquillo, o forse rassegnato: “Se da una parte, da italiani, vorremmo che il business rimanesse 100% italiano, dall’altra l’interessamento di Lactalis testimonia la buona salute della nostra filiera e l’attrattività economico-finanziaria che è in grado di esercitare a livello internazionale.”
Non possiamo non registrare l’assordante silenzio del Governo che solo una settimana fa aveva espresso la volontà di impedire il matrimonio attraverso le parole del Ministro dell’Agricoltura, Gian Marco Centinaio, che aveva dichiarato: “Faremo tutto quello che è possibile per proteggere il settore agroalimentare italiano dall’assalto delle multinazionali straniere”.
Come da procedura l’acquisizione sarà soggetta comunque alle approvazioni delle competenti Autorità regolamentari. Nell’attesa di conoscerne l’esito a noi resta una riflessione. Se un pezzo del Made in Italy che prima parlava inglese, adesso parlerà francese, al di là delle polemiche e delle nubi all’orizzonte varrebbe la pena interrogarci sul perché in Italia non ci siano investitori più competitivi, soprattutto in un settore così florido, attualmente l’unico con il segno positivo che sta trascinando l’intera economia italiana.
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