Dopo latte, latticini, pasta e riso, entra in vigore il decreto “salva pummarola” che introduce l’obbligo di specificare il paese di origine e quello di trasformazione di tutti i derivati del pomodoro. Ma veramente questi decreti basteranno a tutelare le nostre eccellenze contro le imitazioni e aiuteranno i consumatori nelle scelte d’acquisto?
L’entrata in vigore dal 27 febbraio del decreto interministeriale ribattezzato “salva pummarola”, introduce l’obbligo di indicare sull’etichetta dei prodotti, che siano composti almeno per il 50% da derivati del pomodoro, il paese di origine e trasformazione. Stiamo parlando di una nuova dicitura che riporta il Paese di coltivazione e il Paese di trasformazione del pomodoro, che verrà posta ben visibile sulle etichette di passate, polpe o pomodoro a pezzi, pelati e concentrati.
Con questo provvedimento il Governo intende tutelare il pomodoro Made in Italy contro quello straniero, visto che ad oggi si stima che 92 milioni di chili di pomodoro concentrato arrivano dalla Cina. Oltre alla tutela, si vuole preservare la tradizione agroalimentare del nostro Paese, a beneficio naturalmente dei consumatori ma anche dei produttori. L’Italia, infatti, è da sempre il primo trasformatore al mondo di derivati del pomodoro destinati direttamente al consumatore finale. Secondo quanto affermato dall’ANICAV (Associazione Nazionale Industriali Conserve Alimentari Vegetali), l’industria italiana della trasformazione del pomodoro ha chiuso il 2017 con un fatturato di 3 miliardi di Euro e, con oltre 5,2 milioni di tonnellate di pomodoro trasformato, rappresenta il 14% di tutta la produzione mondiale e il 47% del trasformato UE. Le aziende di trasformazione che operano in questo settore sono 115, del comparto fanno parte circa 12.000 lavoratori fissi e 25.000 lavoratori stagionali, senza contare l’indotto.
Il decreto
La disposizione, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 26 febbraio scorso, prevede che le confezioni di derivati del pomodoro, sughi e salse prodotte in Italia dovranno avere obbligatoriamente indicate, in etichetta, il paese di coltivazione del pomodoro e quello di trasformazione. Solo se tutte le operazioni avvengono nel nostro paese è possibile utilizzare la dicitura “Origine del pomodoro: Italia”.
In realtà, sebbene in Italia si produca e si esporti il 50% della produzione, continuano ad arrivare tonnellate di derivati di pomodoro da paesi stranieri, che vengono poi confezionati nel nostro paese. “Si tratta di una attesa misura di trasparenza per produttori e consumatori dopo che dall’estero – rileva la Coldiretti – sono arrivati nel 2017 ben 170 milioni di chili di derivati di pomodoro, che rappresentano circa il 25% della produzione nazionale in equivalente di pomodoro fresco. Un fiume di prodotto che per oltre 1/3 arriva dagli Stati Uniti e per oltre 1/5 dalla Cina e che dalle navi sbarca in fusti da 200 chili di peso di concentrato da rilavorare e confezionare come italiano, poiché nei contenitori al dettaglio è obbligatorio indicare solo il luogo di confezionamento, ma non quello di coltivazione del pomodoro”.
Le scelte dei consumatori
Il decreto arriva dopo quello del settore lattiero caseari (latte, burro, yogurt, mozzarella, formaggi, latticini) che, da aprile 2017, obbliga i produttori ad indicare in etichetta l’origine della materia prima, e dopo il recentissimo decreto sulla pasta che, in particolare, prevede che le confezioni di pasta secca prodotte in Italia dovranno obbligatoriamente indicare il paese di coltivazione del grano e quello di molitura.
Noi siamo molto soddisfatti per questo provvedimento e siamo convinti che sia meritevole di un plauso. Tuttavia ci chiediamo: realmente questo e gli altri recenti decreti riusciranno a difendere il nostro Made in Italy?
Se da un lato gli italiani, quando intervistati, sembrano interessati a conoscere l’origine delle materie prime, principalmente per questioni legate al rispetto degli standard di sicurezza alimentare, quando sono di fronte allo scaffale appaiono distratti e forse nella fretta fanno scelte differenti.
Il fatturato di prodotti a basso costo continua a crescere e questo dimostra che il prezzo condiziona moltissimi utenti più dell’etichetta. Una recente ricerca IRI-Immagine mette in evidenza che a guidare le scelte di acquisto dei consumatori in Italia dei prodotti a marchio (MDD) è la semplice bandiera italiana, posta come elemento grafico solo per catturare l’attenzione.
Volendo anche per un attimo tralasciare l’origine della materia prima, probabilmente la data di scadenza dovrebbe essere la prima cosa da guardare, anche per coloro che vanno di fretta. Secondo Coldiretti, da sempre in prima linea nella tutela del Made in Italy, il 55% degli italiani acquista cibi scaduti e molti li mangiano oltre il limite di tempo consigliato, di questi il 32% li getta via, il 13% decide in base al tipo di alimento (dati Eurobarometro). A guidare questo comportamento è sicuramente la scarsa conoscenza delle informazioni fornite in etichetta, come per esempio il diverso significato tra “da consumarsi preferibilmente entro il…” e “da consumarsi entro”.
A questo punto ci chiediamo: davvero chi fa la spesa presta così tanta attenzione a ciò che è scritto sui prodotti prima di metterli nel carrello? Noi di Authentico non sappiamo in che misura le indicazioni sulle etichette possano realmente incidere sulla tutela e sulla scelta dei consumatori, ma siamo invece pienamente convinti che la modalità di comunicazione e l‘informazione ai consumatori siano le migliori armi per la tutela del Made in Italy e per lotta alle imitazioni delle nostre eccellenze. Per questo abbiamo creato un’app che aiuta i consumatori di tutto il mondo a riconoscere i veri prodotti italiani in modo semplice ed immediato, a segnalare quelli fake Italian Sounding.
Ai produttori che scelgono Authentico diamo la possibilità di andare oltre l’etichetta fisica. Chi usa la nostra app, e fa la scansione di un prodotto che intende acquistare, scopre subito se è Made in Italy e per le aziende che utilizzano solo materia prima italiana appare uno speciale bollino “100% materia prima italiana”. Nella scheda del prodotto il consumatore potrà inoltre scoprire dove è fatto, vedere le foto del campo, la storia dell’azienda, i video di come si produce e, inoltre, potrà conoscere dove acquistarlo nei negozi più vicini o comodamente online. Se sei un produttore del settore agroalimentare e vuoi sapere com’è facile aderire al progetto basta compilare questo form.
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