Abbiamo chiesto a tre esperti di raccontarci tutto sul Pomodorino del Piennolo del Vesuvio Dop. Dalla coltivazione alla raccolta, dalla forma al colore, scopri cosa ci hanno svelato per riconoscere il vero pomodorino “col pizzo”
Arrivato dalle Americhe nel 1500, verrà utilizzato in cucina solo dal 1700. Oggi il pomodoro è il protagonista indiscusso delle nostre tavole, tra gli ortaggi più diffusi ma anche poco conosciuti. In Campania, per esempio, esistono 53 varietà diverse e tra le più caratteristiche c’è sicuramente il Pomodorino del Piennolo del Vesuvio Dop.
“La zona di produzione comprende territori di 18 comuni situati alle falde del Vesuvio e del Monte Somma. Le peculiarità di questo pomodoro sono legate profondamente al territorio dove è coltivato: il terreno vulcanico conferisce al prodotto il caratteristico aroma, ricco di acidi organici e sostanze antiossidanti”. A raccontarcelo è la dott.ssa Patrizia Spigno, ricercatrice presso Arca 2010, genetista della Banca del Genoplasma della Regione Campania, fiduciara Slow Food Vesuvio e promotrice dell’Osservatorio del Pomodoro.
“Il Pomodorino del Piennolo del Vesuvio Dop – continua Spigno – fa parte della famiglia delle Solanacee. Ne esistono vari ecotipi, con caratteristiche morfologiche e qualitative più o meno simili, che hanno nomi particolari, come Fiaschella, Lampadina, Patanara, Principe Borghese e Re Umberto. Questo pomodoro ha, inoltre, la particolarità di conservarsi per molti mesi grazie al notevole spessore della cuticola e alla elasticità, che riducono la disidratazione del frutto“.
La coltivazione dell’Oro rosso del Vesuvio prevede l’ausilio di sostegni con paletti di legno e filo di ferro e la raccolta, interamente manuale, si effettua da luglio a fine agosto, tagliando direttamente i grappoli. Per creare il cosiddetto “piennolo”, da cui prende il nome, i grappoli vengono sistemati a mano su un filo di fibra vegetale. “Il piennolo va appeso a ganci, in luoghi asciutti e ben ventilati – come ci spiega Cristina Leardi, Presidente del Consorzio del Pomodorino del Piennolo del Vesuvio Dop. – Questa conservazione consente di preservare le proprietà organolettiche del prodotto per 7-8 mesi dalla raccolta, le stesse proprietà che gli permettono di mantenere quasi inalterato la consistenza iniziale”.
La Denominazione di Origine Protetta (Dop) è stata riconosciuta nel 2009, mentre il Consorzio è nato nel 2013 per tutelare questo prodotto tanto amato anche al di fuori dei confini nazionali. “Il Pomodorino del Piennolo del Vesuvio – continua Leardi – è una delle eccellenze agroalimentari del Made in Italy più apprezzate. È, infatti, esportato in tutto il mondo, in particolare negli Stati Uniti, Francia e Giappone”.
Parliamo di un prodotto con una produzione non molto estesa. Secondo l’Assessorato Agricoltura della Campania la superficie di coltivazione stimata è di 480 ettari, con produzioni annuali di circa 4mila tonnellate di prodotto fresco, tra i 60 e i 150 quintali per ettaro. Si può capire, quindi, che non tutto il Pomodorino del Piennolo che si trova sul mercato è realmente Dop.
Abbiamo chiesto come riconoscere il vero Pomodorino del Piennolo del Vesuvio Dop anche a Fofò Ferriere, Ristorattore, Gastrosofo e talent-scout dell’eccellenze italiane, a cui è stato dedicato, tra l’altro, il nome di un ecotipo, il Piennolo Fofò. Lui stesso ha partecipato alla sua creazione e oggi fa coltivare il suo “spongillo” per preparare gustosi piatti per deliziare moltissime celebrità della musica e dello spettacolo nazionale e internazionale.
Ecco 4 semplici cose da sapere:
1. Consistenza e forma. “Il Pomodorino del Piennolo del Vesuvio – spiega Fofò – ha forma tonda, con un piccolo pizzo all’estremità inferiore, denominato mucrone, ed è attaccato saldamente al peduncolo. Nella parte laterale presenta, poi, delle “fossette”. La buccia è dura e soda e mantiene queste caratteristiche per molto tempo, se conservato correttamente a piennolo. L’interno è ricco di succo: questo dipende dal fatto che le ceneri vulcaniche, contenute nel terreno, restituiscono ai pomodorini il calore assorbito durante le ore di sole”. Il peso oscilla tra i 15 e i 25 grammi.
2. Colore e sapore. Ha un caratteristico sapore vivace, intenso e dolce, dal retrogusto acidulo, dovuto alla particolare concentrazione di zuccheri e sali minerali. Il colore esterno del prodotto fresco, appena raccolto, è vermiglio, l’interno è rosso, mentre se conservato a piennolo l’esterno col tempo diventa rosso scuro e la polpa resta rossa.
3. Confezionamento. Il prodotto lo troviamo fresco, allo stato di bacche o grappoli, o venduto al piennolo, il cui peso deve essere compreso fra 1 e 5 kg massimo. Il filo è di fibra vegetale ed è legato a cerchio. Una parte dei pomodorini può non essere completamente maturo: questo è un vantaggio perché consente di prolungare la conservazione delle bacche più acerbe per tutto l’inverno successivo alla raccolta.
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4. Contrassegni d’origine. E’ sempre consigliabile controllare l’etichetta, sulla quale devono essere riportate le indicazioni:
- “Pomodorino del Piennolo del Vesuvio” e Denominazione d’Origine Protetta (o l’acronimo D.O.P.), con dimensioni maggiori di altri elementi
- il logo comunitario identificativo della D.O.P.
- il nome, la ragione sociale e l’indirizzo dell’azienda confezionatrice o produttrice
- la quantità di prodotto effettivamente contenuta nella confezione
- il logo identificativo del Pomodorino del Piennolo del Vesuvio.
“È vietato l’uso improprio e isolato – spiega Leardi – di termini come Vesuvio, piennolo o pomodorino che evocano al prodotto Dop, ma che in realtà non lo è”.
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Per concludere, Fofò Ferriere ci svela il segreto di come preparare una buonissima ricetta con spaghetti e Pomodorini del Piennolo del Vesuvio Dop.
In una padella far rosolare nell’olio EVO l’aglio e aggiungere i pomodorini interi. Chiudere con un coperchio, finchè non appassiscono. In questo modo tutto il succo resta nella padella. A questo punto schiacciarli con un cucchiaio, salare e aggiungere gli spaghetti scolati al dente, da mantecare aggiungendo qualche mestolo di acqua di cottura. Infatti, l’amido rilasciato dalla pasta nell’acqua di cottura agisce come un collante naturale, dando al sugo quell’irresistibile consistenza cremosa.
E noi per completare ci aggiungiamo una foglia di basilico fresco e vi auguriamo buon appetito!
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