La Corte Suprema messicana ha respinto il ricorso presentato dallo US Dairy Export Council, insieme ad alcune ditte americane, nei confronti del riconoscimento nel Paese delle due denominazioni di origine italiane
Quando si parla di Italian Sounding si pensa subito ai Paesi dove il fenomeno è più forte, come gli Stati Uniti o la Germania. Nessuno, ad esempio, immagina che il Messico possa essere un territorio fertile per le imitazioni dei prodotti italiani, come i formaggi, che qui sono molto apprezzati. E se la nostra App rappresenta lo strumento migliore per sapere se si sta acquistando un prodotto veramente italiano, rivestono fondamentale importanza le azioni di tutela promosse dai consorzi, come quella portata avanti dal 2014, in questo paese, dai Consorzi Tutela Formaggio Asiago e Gorgonzola.
La Corte Suprema messicana ha, infatti, respinto il ricorso presentato dallo US Dairy Export Council,
insieme ad alcune ditte americane, nei confronti del riconoscimento in Messico delle denominazioni di origine “Asiago” e “Gorgonzola” nell’ambito dell’Accordo di Lisbona, ricorso nel quale si sosteneva si trattassero di denominazioni di uso comune. La decisione, di fatto, contribuisce ad aprire la strada all’inclusione delle due DOP nel nuovo accordo UE-Messico, visto che il loro pieno riconoscimento nell’ambito dell’Accordo di Lisbona, da oggi in poi non potrà più essere contestato, essendo decaduti i termini legali per farlo. Asiago DOP e Gorgonzola DOP fanno parte della lista delle trecentoquaranta denominazioni di origine per le quali l’Unione Europea ha chiesto il riconoscimento da parte messicana nell’ambito del nuovo accordo globale UE-Messico.
“L’azione di tutela legale svolta in questa circostanza dai nostri due Consorzi di tutela, ottimamente supportata dalle Istituzioni ministeriali italiane e dalla Rappresentanza d Italia a Città del Messico, si è dimostrata incisiva ed efficace. La protezione assicurata dall’Accordo di Lisbona dell’OMPI è stata mantenuta ed assicurata dalla Corte Suprema messicana. Ora ci aspettiamo che la Commissione Europea inserisca le denominazioni Gorgonzola ed Asiago nella lista delle indicazioni geografiche pienamente protette nel contesto dell’accordo bilaterale in fase di negoziazione tra UE e Messico, non essendoci più alcun motivo ostativo – hanno dichiarato Renato Invernizzi e Fiorenzo Rigoni, rispettivamente presidenti del Consorzio tutela formaggio Gorgonzola e del Consorzio tutela formaggio Asiago. – Quanto accaduto dimostra comunque che le nostre denominazioni vanno contestualmente promosse e tutelate senza compromessi e che non possiamo abbassare la guardia contro i continui rischi di usurpazione, soprattutto per quei prodotti che come Gorgonzola ed Asiago hanno raggiunto un alto livello di notorietà e prestigio nei mercati internazionali”.
La richiesta è stata considerata “illegittima”, dal momento che spettava alle sole autorità messicane presentare
opposizioni e che queste, nei dodici mesi previsti a partire dal momento della notifica dell’Organizzazione Mondiale
della Proprietà Intellettuale, non hanno proceduto ad alcuna comunicazione. Il risultato è frutto di un intensa azione partita nel maggio 2014, con la richiesta di registrazione delle due denominazioni presso l’OMPI e la loro inclusione nell’Accordo di Lisbona. Un iter che US Dairy Export Council e alcune aziende americane hanno cercato di minare, con la richiesta all’Istituto Messicano della Proprietà Industriale (IMPI) di considerare Asiago e Gorgonzola denominazioni “di uso comune”.
L’IMPI, a sua volta, ha indicato la richiesta non ricevibile perché il solo stato messicano avrebbe potuto “opporsi” in merito. La questione è stata poi trasmessa al Tribunale amministrativo di Città del Messico, dinanzi al quale le ditte statunitensi, tra le altre cose, avevano messo in discussione l’adesione stessa del Messico all’Accordo di Lisbona, basandosi sul fatto che questo non tutelerebbe i principi di certezza giuridica e di udienza pubblica, garantiti dalla Costituzione messicana. Il Tribunale aveva sospeso il riconoscimento delle denominazioni, rimettendo alla Corte Suprema la decisione in merito all’Accordo di Lisbona. Quest’ultima ha, nel frattempo, respinto il ricorso non essendo state presentate opposizioni entro i termini previsti.
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