Se siete tra coloro che ancora non sono andati a ristorante dopo il lockdown siete in buona compagnia. Secondo l’indagine del Centro Studi di Fipe-Confcommercio sulla ristorazione post covid, 2 italiani su 3 non hanno ancora consumato un pasto fuori casa
Sembra incredibile, ma secondo quanto emerge dalla recente indagine condotta dal Centro Studi di Fipe-Confcommercio per analizzare le cause del drastico calo di consumi che ha colpito in maniera drammatica il comparto della ristorazione post covid, il 72% degli intervistati non ha ancora mai fatto colazione al bar, il 67,9% un pranzo fuori casa e il 69,4% una cena. Numeri che confermano che l’emergenza non è ancora passata.
La causa principale che frena i clienti è il timore dei contagi, ma anche per le restrizioni che non invogliano a sedersi al tavolo con la stessa serenità del passato. Se potessimo avere uno spaccato dei dati per la sola regione Campania c’è da aspettarsi una crescente ritrosia verso la recente ordinanza regionale che obbliga i gestori ad identificare gli avventori attraverso un documento di riconoscimento.
A oltre due mesi dalla fine del lockdown scopriamo che non è non solo la drammatica situazione economica che spinge a ridurre le spese, ma per quanto riguarda le ragioni che inducono a non andare al bar o al ristorante la fa da padrone nell’immaginario dei consumatori il timore del contagio, che si conferma come la causa principale per il 66,5% degli intervistati (praticamente quasi 7 persone su 10).
Tra le altre motivazioni troviamo le diverse disposizioni di sicurezza per la ristorazione che rendono meno godibile l’esperienza al ristorante (41,5%).
Quali sono oggi i principali criteri di scelta di chi invece sceglie di andare a mangiare fuori?
- l’attenzione alle norme igieniche (47,4%)
- il distanziamento tra i tavoli (35,2%)
- la presenza di spazi all’aperto (34%)
I comportamenti comuni che emergono dal circa il 90% degli intervistati sono una minor voglia di esplorare nuovi ristoranti. Il consumo si fa più intimo e si tendono a privilegiare i luoghi vicini, conosciuti e già frequentati in passato. La fiducia e il rapporto personale con il ristoratore facilita la scelta. Ovviamente gli unici che sfuggono a queste logiche sono i giovani.
Il futuro della ristorazione post covid ha più ombre che luci. L’assenza del turismo internazionale, soprattutto quello a valore, e il perdurare dello smart working sta incidendo pesantemente in un settore già in grande sofferenza. Chi lavora da remoto, grazie all’adozione dello smart working (che verrebbe prorogata almeno per altri due mesi) ha di fatto quasi azzerato le occasioni di consumo della colazione, della pausa caffè e del pranzo. Interi quartieri business nelle city sono deserti da mesi. Per non parlare dell’assenza di eventi e convegni che muovevano un turismo business molto importante.
Il Governo italiano nel decreto di agosto, in via di approvazione, ha ipotizzato lo stanziamento di un fondo finalizzato a rimborsare una quota parte della spesa al ristorante, ma se la fotografia che ci restituisce questa indagine corrisponde al vero non crediamo che un piccolo sconto sul conto del ristorante sia capace di prendere il sopravvento sulle ansie e le fobie dei consumatori post coronavirus.
Quella che abbiamo vissuto può essere considerata a tutti gli effetti un’esperienza traumatica. Le conseguenze di questo trauma possono generare uno stato d’ansia con attacchi di panico bloccanti. C’è già chi ha definito l’ansia post Covid come una “pandemia psicologica”.
L’ansia è l’anticipazione apprensiva di un pericolo o di una minaccia, non importa se reale o percepita. Per questo motivo Authentico per rassicurare i consumatori circa il rispetto delle norme igienico sanitarie da parte dei ristoratori ha realizzato Authentico Certifood. I ristoratori che stanno usando il sistema hanno registrato un aumento delle presenze dal 15 al 20%. Per saperne di più visita il sito Authentico Certifood.
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