L’import dell’agroalimentare italiano in Giappone è cresciuto del 51% nell’ultimo decennio. Con l’accordo di libero scambio le opportunità di conquistare questo importante mercato aumentano
Un paese piccolo e lontano, ma un mercato interessante a cui guardare. Per l’export dell’agroalimentare italiano il Giappone è il futuro. Qui il Made in Italy è molto apprezzato, soprattutto per quanto riguarda il settore del Food&Beverage.
Il paese del Sol Levante rappresenta il quinto mercato al mondo per importazione di prodotti alimentari italiani. I principali concorrenti sono Usa, Australia e paesi asiatici, ma con l’accordo di libero scambio tra Ue e Giappone, entrato in vigore il 1 febbraio, l’Italia diventa più competitiva grazie all’abbattimento dei dazi e delle barriere tariffarie.
Secondo un’analisi di Agrifood Monitor, in collaborazione con Nomisma e CRIF, l’import agroalimentare italiano è aumentato del 51% nel decennio dal 2008 al 2018, passando da 537 a 865 milioni di euro. Nel primo quadrimestre del 2019, invece, le importazioni sono aumentate del 13% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Il 50% delle esportazioni dell’agroalimentare italiano in Giappone proviene principalmente da tre regioni: Lombardia, Emilia Romagna e Campania. Tra i prodotti con il prezzo medio più alto ci sono l’olio di oliva (5,6 €/kg) e i formaggi (7,64€/kg). Dal 2013 al 2018 le esportazioni di Parmigiano Reggiano e Grana Padano sono cresciute del 113%, mentre quello del Gorgonzola del 109%.
“Sebbene il Giappone pesi solo per il 2% sull’export agroalimentare italiano, la rilevanza di questo mercato è molto più strategica per alcuni prodotti, sia oggi che in prospettiva. Basti pensare all’olio d’oliva, dove il paese del Sol Levante incide per il 7% sull’export di questo prodotto del Made in Italy e arriva al 17% nel caso degli olii esportati dal Sud Italia” – dichiara Denis Pantini, Responsabile dell’Area Agroalimentare di Nomisma.
La survey realizzata in occasione del forum, tenutosi lo scorso mese a Bologna e organizzato da Agrifood, ha confermato che l’Italia è percepito come il paese più rappresentativo del food di qualità per i consumatori giapponesi. Non tutti, però, sono pronti ad acquistare ad occhi chiusi un nostro prodotto e sono molto sensibili ai prezzi più alti. La Francia è il paese che ispira più fiducia come immagine, mentre per il controllo/sicurezza è l’Australia. Per quanto riguarda la convenienza del prezzo al primo posto ci sono gli Stati Uniti.
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Il target di consumatori più interessante, che è emerso dallo studio, è quello dei “Giramondo spensierati”: consumatori della Generation X (39-54 anni) con alta capacità di spesa, amano viaggiare e conoscere nuove culture. Per aumentare la nostra penetrazione nel mercato giapponese, oltre alla spinta che può arrivare dall’accordo di libero scambio, è fondamentale, quindi, capire bene come siamo percepiti presso il consumatore locale, qual è la reputazione dei nostri prodotti agroalimentari e, soprattutto, come si può conquistare la sua fiducia.
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