Aumentano le esportazioni di vino e formaggio italiani in Cina. Questo potrebbe essere il momento giusto per l’Italia di affermarsi maggiormente nel mercato cinese, soprattutto adesso che la guerra dei dazi tra USA e Cina sembra inevitabile
La guerra dei dazi tra USA e Cina può rappresentare un’opportunità unica per le aziende italiane dell’agroalimentare. Sono soprattutto i millennials dell’upper class ad essere sempre più interessati alla cultura enologica. E non solo: vogliono bere e mangiare bene e per questo non badano a spese.
I dati delle importazioni lattiero casearie confermano un trend positivo su base tendenziale sia in volume che in valore e per questo la Cina rappresenta un mercato dalle incredibili possibilità per i nostri formaggi. I consumi pro capite sono ancora ridotti, ma considerando la vastità del bacino di consumatori il potenziale è altissimo.
Nel 2017 le esportazioni di formaggio italiano nel paese asiatico sono, infatti, cresciute del 27% in quantità (dati Istat), mentre i consumi di vino sono cresciuti del 3% sul 2016 e le importazioni hanno toccato i 2,5 miliardi di euro, raddoppiando in valore in 10 anni (dati Vinitaly-Nomisma Wine Monitor).
Secondo l’agenzia Xinhua, con la rapida espansione del mercato vinicolo cinese negli ultimi anni, i degustatori di vino professionisti sono molto richiesti. È stato anche creato un corso universitario nel 2008, chiamato Vintage Science and Wine Culture, con l’obiettivo di migliorare la conoscenza del “nettare degli dei”.
Purtroppo nonostante il nostro export di vino in Cina sia aumentato notevolmente siamo ancora lontani dai competitor: occupiamo il quinto posto nella classifica dei paesi esportatori, con 130 milioni di euro in valore, dopo la Francia, che detiene il podio (973 mln), Australia (640 mln), Cile (290 mln) e Spagna (171 mln).
Una cosa è sicura: questo potrebbe essere il momento giusto per l’Italia di affermarsi nel mercato cinese, ora che la guerra dei dazi tra USA e Cina sembra ineludibile. Dal prossimo 6 luglio, infatti, il paese asiatico applicherà i “contro-dazi” in risposta alle misure protezionistiche imposte da Trump. Lo stop cinese interesserà una serie di prodotti americani: formaggi, soia, mais, grano, yogurt, burro, carne, pesce, frutta, verdura.
Si aprono così interessanti opportunità per le esportazioni italiane. I dazi che la Cina ha applicato per i prodotti Usa daranno all’Italia la possibilità di farsi conoscere di più e, sopratutto, ad un numero maggiore di consumatori: una recente indagine di Nomisma Wine Monitor ha messo in evidenza che il 50% dei cinesi benestanti non conosce ancora i prodotti agroalimentari italiani.
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E di questa situazione di confusione ne approfittano i produttori di cibo falso spacciato per italiano (Italian Sounding). Molti dei prodotti tarocchi arrivano proprio dagli States dove il fenomeno delle imitazioni del Made in Italy è molto diffuso. Nonostante ciò lo scorso anno l’export agroalimentare italiano in Cina ha segnato una crescita del 18% e circa 1,4 milioni di cinesi hanno visitato il nostro paese apprezzando non solo le bellezze artistiche ma anche l’enorme ricchezza agroalimentare (Istat).
Per essere più presenti sugli scaffali della Cina, e magari non solo nei reparti del cibo etnico di importazione, è necessario far apprezzare la qualità e la varietà dei nostri prodotti, in un’ottica di sviluppo dei consumi, soprattutto tra la nuova generazione. Il margine di crescita dell’export caseario e vinicolo è elevato, ma per trasmettere la grande ricchezza dei prodotti Made in Italy è necessario investire in maggiori attività di promozione e in strumenti di diffusione che arrivano direttamente al consumatore.
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