Il Governo di Mosca costruisce il polo dei formaggi e invita i nostri casari ad investire nel progetto e portare il proprio know how. Perchè la Russia vuole produrre il Parmigiano a Mosca? Come questo inciderà sull’export dei formaggi italiani?
Secondo un recente sondaggio di Skyscanner Russia, il 38% della popolazione ha dichiarato di preferire la nostra cucina più di qualunque altra e amano soprattutto i formaggi. Non stupisce quindi la notizia che la Russia produrrà ben presto il suo formaggio! È stato, infatti, presentato a Mosca, durante l’International Agricultural Dairy Forum, il progetto che prevede la creazione di un polo specializzato nella produzione di prodotti lattiero caseari. Il Governo ha investito 75 milioni di euro per costruire, a 12 chilometri a nord di Mosca, sette stabilimenti su una superficie di 17 ettari, che produrranno fino a 12.000 tonnellate di formaggio l’anno. L’operazione è finalizzata a sopperire ai pesanti effetti causati dall’ embargo alimentare sull’importazione di formaggi dalla UE ed essere autosufficienti. La produzione di formaggi era già aumentata dal 2013 ma quello che manca è l’expertise per ottenere una produzione casearia di alta qualità, come quella del Parmigiano Reggiano e del Grana Padano.
È questo il motivo che ha spinto Mosca a chiedere aiuto all’Italia. Le autorità russe, infatti, hanno pensato bene di invitare le industrie italiane a investire nel progetto, portando il proprio know how, per realizzare formaggi pregiati come il Parmigiano Reggiano.
Diversi produttori italiani si erano già recati a Mosca per dare una consulenza nella scelta dei fornitori per il nuovo Eataly (il secondo più grande al mondo), inaugurato lo scorso maggio: anche qui la distribuzione si è dovuta adattare agli standard imposti dall’embargo alimentare.
La Russia ha da sempre rappresentato un importante mercato per l’esportazione dei prodotti agroalimentari italiani. La situazione attuale è, però, particolare: nell’estate del 2014, a seguito delle sanzioni decise dall’UE, con il decreto presidenziale numero 560 del 6 agosto, firmato da Vladimir Putin, il Governo ha adottato un embargo alimentare di un anno, successivamente prolungato. Non possono essere importati: carni e derivati, latte e derivati, pesci, crostacei, frutta e altri prodotti, mentre sono esclusi: alcolici, bevande, pasta, prodotti da forno.
Molte vivande, che una volta arrivavano dall’Europa, ora sono importate dall’America Latina, dalla Serbia, dalla Bielorusssia, paesi rimasti fuori dalla guerra delle sanzioni tra Russia e Occidente. Come mostra il grafico dei paesi fornitori di prodotti agroalimentari in Russia, elaborato dall’Osservatorio Agroalimentare, nel 2016 l’Italia non ha esportato nessun tipo di prodotto lattiero caseario, mentre è aumentato notevolmente l’import dalla Bielorussia.
La voglia di Parmigiano Reggiano e Grana Padano era tale che, a partire dal 2013, alcuni distributori acquistavano le forme sul mercato nero attraverso la Bielorussia e il Kazakistan, paesi non sottoposti a controllo doganale, dove venivano rietichettate e rivendute il 20% in più del prezzo pre-embargo in Russia.
Lo stop delle importazioni e la costante domanda di prodotti italiani ha portato ad un vero e proprio boom di prodotti taroccati, alimentando così il fenomeno Italian Sounding. Molti prodotti fake erano già sul mercato, ma a cambiare sono state le quantità. La scarsa disponibilità da un lato, la scaltrezza delle imitazioni dall’altro, ha portato sulle tavole dei russi delle pessime imitazioni: motivo questo che potrebbe gettare scredito e far perdere fiducia nei nostri grandi prodotti alimentari di qualità.
Riceviamo tante segnalazioni di prodotti tarocchi Italian Sounding dai nostri zelanti utenti dalla Russia. Ormai è diventato famoso il Parmesan Made in Mosca chiamato “L’oro dell’Europa”: al di là del nome Parmesan e dell’utilizzo delle classiche immagini italiane (in questo caso il Colosseo) ci ha sorpreso la presenza di un logo che da lontano ricorda quello del marchio di qualità IGP. Quando l’astuzia aguzza l’ingegno!
La “import substitution”, cioè la sostituzione dei prodotti stranieri con quelli locali, è diventata per le autorità russe una sfida. “Siamo autosufficienti nella produzione di frumento di qualità e abbiamo mantenuto la leadership mondiale nell’esportazione di questo prodotto”, ha dichiarato il ministro dell’Agricoltura Aleksandr Tkachev. Nel settore lattiero-caseario, per raggiungere la piena autosufficienza, entro il 2020 dovranno essere costruite più di 800 aziende lattiero-casearie per produrre 7 milioni di tonnellate di formaggi. Ma cosa comporterà tutto ciò per le aziende italiane?
Secondo Ambrosi, presidente di Assolatte, il rischio è che quando finirà l’embargo e il nuovo polo industriale inizierà la produzione le aziende italiane avranno perso quote di mercato in Russia e non solo. “Se queste produzioni – spiega – saranno realizzate con il contributo di società italiane che porteranno il proprio know how in quel Paese, avremo insegnato ai russi a fare dei formaggi tipo quelli italiani e loro a quel punto eviteranno di fare migliaia di chilometri per farli arrivare dal nostro Paese”.
Sebbene nel 2017 si sia registrato un positivo aumento delle esportazioni italiane in Russia, siamo comunque indietro di ben 4 miliardi rispetto al 2013, una grossa perdita, dunque, per il settore caseario e per tutto l’agroalimentare. Cosa potrebbe accadere qualora l’embargo alimentare venisse rimosso? Perché i russi dovrebbero importare prodotti che ormai riescono a produrre da soli? E’ chiaro che chi ha conosciuto i nostri formaggi non avrà alcun dubbio su cosa acquistare. L’apertura del mercato sarà una grande notizia per le nostre aziende agroalimentari. Tuttavia siamo preoccupati del pericolo nel segmento del consumatore medio che nel frattempo ha modificato il proprio gusto e forse è disilluso dai prodotti che credeva essere italiani originali. Non va tralasciato neppure il rischio per i ristoranti italiani in Russia che potrebbero essere costretti, per la mancanza di alcuni ingredienti principali, a dover usare questi formaggi senza neanche comunicarlo nei menù. Tra tanti dubbi che ci assalgono, l’unica certezza che rimane è che nessun paese potrà mai produrre formaggi come il Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Asiago, Gorgonzola, Mozzarella di Bufala o qualsiasi altro dei circa 600 formaggi Made In Italy!
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