Intervista a Marco Crotta, tra i massimi esperti italiani dell’universo blockchain ita & crypto e fondatore del canale YouTube “Blockchain Caffè”.
Da anni ormai molte aziende hanno compreso che il consumatore è cambiato, o meglio, si è evoluto. Numerosi scandali nel settore alimentare hanno indebolito la fiducia nei brand e le numerose scritte ideate dal marketing sulle confezioni di cibi e bevande sono considerate poco credibili da una sempre più ampia fascia di consumatori moderni. Nasce quindi l’esigenza, per le imprese italiane, di creare un nuovo rapporto di fiducia, in grado di dimostrare che quanto riportato circa l’origine della materia prima, la tipologia di coltivazione o di lavorazione effettuata corrispondano al vero. La certificazione della filiera alimentare, utilizzando la piattaforma blockchain (immutabile ed incorruttibile), si è dimostrata una valida soluzione per offrire ai consumatori visibilità del percorso dei cibi “dal campo alla forchetta”. Oltre ad essere un efficace strumento per posizionare i prodotti a maggior valore verso un target di consumatori premium.
La fase di selezione di un partner tecnologico per implementare la tracciabilità di filiera in blockchain è delicata, una scelta strategica per le aziende, che va fatta sulla base di diversi criteri, alcuni dei quali molto spinosi: un’opzione sbagliata potrebbe risultare poco cristallina ed invalidare la credibilità dell’intera soluzione, indebolendo le onorevoli intenzioni e la volontà dell’azienda di essere più trasparente verso i consumatori.
Sullo scenario di riferimento e sui criteri strategici di selezione, abbiamo chiesto l’autorevole parere di Marco Crotta, tra i massimi esperti italiani dell’universo cripto valute e blockchain, formatore, consulente ed advisor di diverse start-up, nonché fondatore di uno dei più seguiti canali di YouTube sull’argomento “Blockchain Caffè”.
D: Direi di iniziare la nostra chiacchierata chiedendoti di chiarire perché la tecnologia blockchain può essere utilizzata come strumento di fiducia.
R: Per rispondere devo necessariamente partire da un concetto semplice sulla fiducia: se posso controllare di persona qualcosa, non ho più bisogno di fidarmi. Se ripensiamo a questa frase immaginando la scena dove il vostro telefonino è in mano al nostro partner geloso un brivido corre lungo la schiena. Da questo potremmo facilmente derivare che la fiducia è necessaria solo quando non si può fare una verifica diretta. Ed infatti tutte le fregature e le truffe si basano sulla fiducia e/o sull’impossibilità della vittima di poter verificare.
Cosa c’entra tutto questo con la blockchain e con la filiera alimentare? Moltissimo.
La Blockchain non serve a creare fiducia, serve ad eliminare la sua (problematica) necessità per sostituirla con cose molto più utili e sicure: trasparenza, verifica diretta ed indipendente.
È del tutto evidente che barare in un contesto dove vigono queste regole è decisamente più difficile. Quindi la Blockchain è uno strumento che ci propone un paradigma molto diverso, in cui “la fiducia”, “la garanzia”, “la certificazione” sono quasi un male perché richiedono sempre la presenza di un terzo attore cui si attribuiscono valori di integrità ed irreprensibilità che sono stati più volte traditi in passato, e soprattutto perché ora abbiamo a disposizione una soluzione migliore e più efficiente
D: Perché la blockchain trova un’ampia area applicativa nel settore agroalimentare?
R: La forza di poter usare uno strumento simile nell’alimentare è evidente: una cosa è parlare di trasparenza in uno spot, un’altra è avere l’integrità e la trasparenza “a prova di Blockchain”. Perché la Blockchain, come dico sempre, non è una moda o un mero strumento di marketing, la Blockchain “non lava più bianco, ma fa emergere tutte le macchie”.
Solo un attore della filiera che non ha paura di fare emergere le proprie macchie è disposto ad usarla come si deve. Questo perché le informazioni messe in blockchain hanno sempre un autore identificato da una firma digitale, una data certa, e un sistema di archiviazione delle informazioni non modificabile.
D: Ma quindi stiamo affermando che con la Blockchain è impossibile barare?
R: Non proprio. Stiamo dicendo che alziamo l’asticella abbastanza in alto da creare uno spartiacque tra:
– chi usa la blockchain bene perché se lo può permettere
– chi la usa male per fare marketing… ma poi si vede
– chi non può assolutamente usarla perché la trasparenza non gli conviene (leggi “Italian Sounding”)
– chi non la vuole usare perché non gli interessa
D: Quindi solo chi è “perfetto” può usare la Blockchain?
R: No, assolutamente. Ma di sicuro la blockchain è un faro puntato sul proprio business. Per fare un esempio potremmo dire che i ladri non vanno in giro con una luce sulla testa. Pertanto, chi preferisce agire nell’ombra si guarderà bene da adottare questa tecnologia, viceversa chi vuole mettere in risalto gli elementi distintivi e vuole posizionarsi rispetto alla concorrenza sleale avrà un ottimo alleato.
D: una delle caratteristiche distintive della Blockchain è l’immutabilità del dato? Cosa succede se si commette un errore inserendo dati, ad esempio, un numero di lotto errato?
R: Ci sono soluzioni che permettono di correggere errori presentando solo l’ultima versione di un dato, ma conservando le versioni precedenti per un controllo più approfondito. La blockchain è un registro distribuito che assomiglia ad un libro mastro.Se si è sbagliato a caricare una foto, o un documento, e il ravvedimento è diretto ed immediato, questo non va visto come una macchia, ma come la dimostrazione dell’onestà dell’attore. Sulla piattaforma sarà evidente che una nuova “scrittura” ha rettificato quella precedente, che se pur annullata resta visibile come tale. Se, diversamente, l’“errore” è voluto perché può configurare un vantaggio per un produttore sbadato che prima capitalizza e poi corregge, è un’altra storia. E la Blockchain ci permette di vedere tutto questo, perché è un alleato degli attori onesti. Chi corregge i documenti a fine stagione per “sistemare” qualche imprevisto non troverà vantaggio da un sistema che traccia qualsiasi modifica.
D: Veniamo alle caratteristiche da preferire quando si sceglie un partner, in particolar modo nel merito della tipologia di piattaforma Blockchain utilizzata. Pubblica o Privata?
R: La richiesta di trasparenza è imprescindibile. Per questo esiste uno solo tipo di Blockchain che può essere considerata una scelta valida è quella pubblica. Tutti gli altri casi non consentono di dimostrare quelle caratteristiche di immutabilità e sicurezza propri di questa tecnologia. Lapalissiano che un network privato è meno trasparente di una rete pubblica. Potrebbe essere più economico, forse anche più veloce, ma sicuramente meno cristallino.
D: Ma è vero che ci sono aziende che offrono sistemi di tracciabilità basati su piattaforme cinesi?
R: Sì, è verissimo. In Italia ci sono alcune aziende (anche intermediate da enti di certificazione) che hanno proposto prodotti Blockchain per la tracciabilità alimentare basati su una piattaforma cinese che configura almeno 2 elementi che dovrebbero preoccuparci: in primis queste reti hanno pochi nodi (condizione che mette a repentaglio l’affidabilità della blockchain basata sulla regola che considera la corruzione del 50%+1dei nodi altamente impraticabile); ed inoltre, senza una chiara evidenza di quale quota di nodi sono posseduti dal Governo emerge un altro elemento che pone dubbi sulla reale neutralità del network. E poi, permettetemi di dire che in alcuni settori, penso al settore conserviero, dove si importano ingenti quantità di pomodoro concentrato dalla Cina è abbastanza paradossale la scelta di usare blockchain “made in China” per tutelare il “made in Italy”.
D: Parliamo di economia, molte aziende sono spaventate dai costi, magari perché hanno sentito parlare dei colleghi imprenditori che hanno ricevuto offerte economiche insostenibili?
R: La questione costi, sia di setup, sia di esercizio, è tra i primi motivi di fallimento dei progetti blockchain che non escono dalla fase pilota perché risultano economicamente non sostenibili. Il principale motivo è che alcuni fornitori di soluzioni di tracciabilità scelgono piattaforme molto popolari che hanno un costo di esercizio elevatissimo e che non si giustifica perché incide troppo sul costo del prodotto. Ma per fortuna in Italia esistono validissime soluzioni con costi molto accessibili anche alle microimprese.
D: ci spieghi la differenza tra tracciabilità e notarizzazione di documenti?
R: alcune soluzioni realizzano una finta tracciabilità, in realtà quello che fanno è una mera registrazione di documenti con un timestamp. La tracciabilità è quando tutti gli attori di una filiera sono interdipendenti e gestiscono in autonomia il loro dato.
D: Di recente abbiamo visto sul mercato soluzioni di tracciabilità, anche di brand molto celebri, che dopo aver scansionato il QR code fanno atterrare sul loro sito web dove il consumatore deve inserire manualmente il lotto di produzione del prodotto da rintracciare. Qual è la tua opinione su questa strategia?
R: Queste soluzioni sono da non preferire per due motivi, il primo perché rendono più complesso il processo di tracciabilità inserendo un ostacolo alla semplicità di verifica, il secondo motivo è risiede nel fatto che quando si passa per un sito HTML non si ha la stessa affidabilità di atterrare direttamente su una piattaforma blockchain perché, come è noto, sul web i modi potenziali per barare sono molteplici.
D: Hai altre raccomandazioni?
R: Si, fare molta attenzione che la piattaforma utilizzata sia in produzione e non una piattaforma di test e preferire applicazione che tengono in considerazione le direttive ISO/UE vigenti in ambito tracciabilità.Sul mio canale “Blockchain Caffè” su YouTube analizzo spesso prodotti presenti sul mercato cercando di far emergere pregi, come pure le criticità di alcune soluzioni adottate.
D: In conclusione, qual è la tua visione su questo settore in forte crescita.
R: Abbiamo elencato una lista di “peccati capitali”,purtroppo molti diffusa in Italia, che dovrebbe mettere in guardia ed orientare gli imprenditori verso la scelta di partner affidabili.
In generale, nel settore del Made in Italy si basa sulla trasparenza, e ne abbiamo molto bisogno. Oggi si parla spesso di Blockchain associata a cryptovalute, blockchain bitcoins, NFT, nel mondo della moda e del lusso. Ma non dobbiamo mai dimenticare che in questo paese la nostra vera ricchezza sono i nostri prodotti (esportati in tutto il mondo e purtroppo anche contraffatti), realizzati da migliaia di piccole aziende virtuose che ogni giorno combattono una partita impari con colossi sul terreno del mercato e della visibilità, ma che vincerebbero ogni volta a mani basse se quella lotta fosse fatta sul piano della qualità. La blockchain sposta il piano di questo scontro e fa emergere i veri valori dell’eccellenza italiana.
P.S. Blockchain spiegazione qui.
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